Automatic Way of Life
giovedì 28 maggio 2020
(Ri-)Videogiocare con Lentezza #003 - Resident Evil 4
Mentre tutto il "mondo" aspetta la demo del remake di Resident Evil 3, io mi sono rigiocato (per l'ennesima volta ma dopo tanto tempo) Resident Evil 4 su Gamecube.
La versione originale sulla console (e controller) sul quale è stato concepito senza fronzoli aggiunte o altro.
E, non so, forse sarò vecchio io, ma l'ho trovata ancora un'esperienza galvanizzante. Pure la terza sezione (quella dell'isola) che per tanti anni io stesso ho sminuito, l'ho trovata comunque fresca e dal buon ritmo.
Ecco "ritmo", parolina magica che può voler dire tutto o niente ma è sicuramente la chiave di una buona esperienza di gioco come questa. Il gioco non cala mai di ritmo, ogni sessione offre una sfida "a se". Non siamo davanti ad un gioco nel suo complesso "vario" ma sicuramente "variegato".
Le situazioni sono sufficientemente diverse tra di loro in modo da dare quella giusta varietà in modo da non tediare mai il giocatore. In più c'è un'attenzione particolare all'atmosfera, che è sicuramente più densa nella prima parte per poi andandosi un po' a spegnere verso la fine.
Cosa che, di per se, non è poi così grave come pensavo all'epoca. Ci sta che dopo un ingresso così coinvolgente il gioco viri leggermente più sull'action lasciando un po' in secondo piano la tendenza creepy di alcune zone.
Non ho mai, e ripeto mai, capito le critiche al sistema di controllo. Logicamente, se ci si approccia a RE4 pensando di maneggiare uno TPS qualsiasi si può rimanere delusi, ma RE4 non è un TPS non lo è mai voluto essere. Il gioco è INTERAMENTE costruito attorno ai limiti di movimento di Leon. Se si potesse riassumere il gioco in poche parole si potrebbe dire: "trova la posizione più sicura alla bisogna, difenditi finché non capisci di non essere più al sicuro e cambia posizione". Una volta fatto proprio questo concetto, questa chiave, diventa chiaro che l'intenzione di Mikami era quella di spostare la componente ansiogena del genere verso questa componente action. L'angoscia non deriva dal mostro implacabile che ti salta fuori da dietro l'angolo, ma dal rischio di essere braccato e soverchiato da un'orda di nemici che possono attaccarti e raggiungerti da angoli che tu non puoi vedere.
Tutto è giocato sui tuoi punti ciechi, sui limite che il tuo sistema di controllo ha. Non puoi spostarti mentre spari perché se no saresti troppo in vantaggio rispetto ai nemici. Devi sentire l'ansia di non poter tenere tutta la situazione sotto controllo, sei in costante lotta per la sopravvivenza e ogni tua scelta può avere conseguenze nefaste se sbagliata ma hai poto tempo per prenderla.
Il tutto condito da un'immaginario sì esagerato ma mai troppo "sboccato" o iperbolico come poi succederà con i seguiti. Non mancano alcuni cliché un po' triti e sopra le righe che però contribuiscono a creare il "colore" che ha contraddistinto la serie.
RE4 credo sia un gioco più unico che raro, un'esperienza difficilmente replicabile ancora oggi!
giovedì 21 maggio 2020
Videogiocare con Lentezza #002 - Blasphemous
È il turno di Blasphemous di The Games Kitchen. Titolo che ho aspettato per tanto tempo e del quale mi ero fatto un'idea che, bene o male, è stata confermata.
Il team spagnolo l'ho adorato per le due stagioni di the Last Door (titoli che DOVETE recuperare il prima possibile se non lo avete già fatto) l'idea di un Metroidvania (genere che adoro almeno quanto detesto il nome che gli hanno dato) condito da un'estetica simile mi stimolava parecchio ma allo stesso tempo temevo una certa "inesperienza" da parte degli sviluppatori in questo campo.
In effetti c'è qualcosa che scricchiola, La giocabilità non è delle migliori (i famosi controlli "clunky" di cui molti hanno parlato, anche se non così gravi come li si dipingono), hitbox un po' approssimative e un bilanciamento non proprio riuscitissimo sono, direi, gli unici veri difetti di un gioco che riesce comunque a stupire.
Qualcuno troverà la violenza esplicita così calcata e insistente al limite dell'insopportabile e, forse, troppo gratuita, ma io non sono tra di loro. Per me la poetica di questo gioco ruota proprio attorno a questo senso di sofferenza perenne che non lascia mai tregua. Credo ci sia una precisa volontà dietro a questo interminabile grand guignol, quello di dipingere un mondo che ha abbandonato la benché minima speranza di rivedere la luce o di vivere una vita serena un po' per disgrazia un po' per scelta.
Il gioco si sviluppa un po' come ci si aspetta dal genere un po' no. Dico questo perché molti metroidvania ruotano attorno al potenziamento della mobilità, ovvero, il più delle volte, i potenziamenti del personaggio principale riguardano mosse che gli permettono di raggiungere punti che prima gli erano preclusi.L'esempio più classico di questo concetto è il doppio salto:
Parti ad esplorare il mondo, vedi piattaforme irraggiungibili ma sai che prima o poi troverai un dash in volo o un doppio salto e potrai tornare in quei punti per proseguire nell'esplorazione. In Blasphemous no!
Ti capita di vedere quelle piattaforme a te precluse ma ti capiterà anche di arrivare alla fine del gioco senza che tu abbia trovato il modo di arrivarci. Non c'è il dash aereo, non c'è il doppio salto, le abilità di mobilità del tuo personaggio rimangono le stesse dall'inizio alla fine. Il fatto è che l'esplorazione trova il suo perno nel concetto delle "chiavi" (nel senso allargato del termine), ovvero nel concetto di "trova questo per aprire quello" e basta.
Questo non significa che non ci sian power up o abilità che permettano di raggiungere le famigerate zone irraggiungibili. c'è tutto ma sembra quasi opzionale.
Ci sono davvero un sacco di items, molti dei quali danno bonus o manuls se equipaggiati, permettendo così di crearsi delle piccole build ad hoc per ogni occasione. Ma, e qui entra in gioco il bilanciamento non perfetto, non ci sono differenze sostanziali tra una configurazione o l'altra, tutto si limita al piccolo aiuto (tranne per alcune reliquie chiave).
Più fondamentali sono i power up della spada, ovvero le mosse offensive. Potenziare queste diventa quasi fondamentale per affrontare lotte altrimenti troppo ostiche, anche se ho il sospetto che qualche malato di mente possa anche provare a concludere tutto rimanendo con gli attacchi "base", ma questo è da sperimentare in una seconda run.
Strana e poco comprensibile la meccanica più "darksouliana" (perdonate il termine) del titolo. Ammazzare nemici ci fa guadagnare lacrime (anime) che poi possiamo spendere come moneta, ma alla morte non ci viene sottratto niente. Subiamo solo dei malus per quanto riguarda il numero di lacrime che collezioniamo e ci viene ridotta la barra del furore (mana) necessaria per lanciare le preghiere (magie). Per tornare come prima, dobbiamo logicamente raggiungere il punto della nostra morte e recuperare un simulacro che ci ripristinerà lo status originale. Questo sistema ci permette di farmare lacrime in quantità dominando così in poco il sistema economico del gioco.
Quello che Blasphemous perde in "equilibrio" però, lo guadagna in esplorazione e in level design. La quantità di segreti è davvero alta e il loro dipanarsi è tutt'altro che immediato, Alle volte sembra quasi di trovarsi di fronte ad un La-Mulana (anche se molto più semplice) per quanto sono criptiche alcune soluzioni. Tanto per fare un esempio. raggiungere il true ending richiede una serie di azioni veramente poco immediate e quanto mai celate all'occhio e alla logica umana.
Nonostante il discorso che si faceva sulla mobilità prima, uno dei "valori" centrali dell'esperienza rimane il plaftorming. Il level design è studiato per proporre situazioni sempre diverse e peculiari, un valore non da poco per un Metroidvania. Alle volte sembra quasi che il patforming stesso surclassi il sistema di combattimento.
Quest'ultimo è molto meno elaborato di quanto si possa immaginare. Molti nemici hanno pattern che si possono dominare facilmente, una volta letti è veramente immediato sbarazzarsene, meno rimanere sempre incolumi per colpa delle hitbox non sempre perfette. Però tutto da una certa soddisfazione.
Forse un po' troppo abusato l'uso delle parry in alcuni scontri, tanto da sembrare di star giocando al primissimo Prince of persia (quando si incrocia la spada con il ciccione).
Qualcuno si lamenterà delle boss fight un po' troppo banali e monocordi, ma io le ho trovate discretamente spettacolari.
Certo, siamo distanti anni luce dalla raffinatezza di un Hollow Knight, ma nella vita ci si deve saper accontentare.
Basta, credo di aver detto tutto in questo wall of text, tutta sta fatica per dire che il gioco mi è piaciuto anche se un po' troppo grezzo in molti punti. Una pietra che andrebbe un po' raffinata per essere perfetta.
sabato 30 novembre 2019
Videogiocare con Lentezza #001 - Remothered: Tormented Fathers
L'altro ieri mi sono deciso a giocare e finire Remothered: Tormented Father, me lo stavo tenendo in serbo da un po' visto che mi piacciono molto i giochi di questo genere.
Innanzitutto ho apprezzato che l'estetica tragga in parte ispirazione da alcuni film horror italiani anni 70 che è una cosa un po' meno "usuale", anche se non ho capito perché la protagonista sia praticamente un clone della Jodie Foster anni 80.
Fondamentalmente è diviso in due parti, (tre se si conta il prologo) Una più "libera" dominata da una forte componente Stealth, debitrice di titoli come Clock Tower(SNES). Haunting Ground (PS2) e anche un po' Amnesia, l'altra decisamente più lineare.
Delle due però ho apprezzato molto di più la seconda. Purtroppo la parte più libera (che sembrava essere quella più "interessante") è minata da quelli che a me sono sembrati difetti più strutturali. Ho trovato un po' troppo approssimativa la fase stealth, nella quale il gioco ti satura di oggetti per distrarre gli stalker ti costringe a impararti a memoria la mappa della casa (non troppo grande a dire il vero). Il problema sta nella grossa ripetitività delle situazioni e nell'eccessiva presenza randomica degli stalker combinata ad un backtraking esageratamente forzato.
Il fatto che le azioni per sbarazzarsi degli stalker siano sempre quelle e che quest'ultimi siano sommariamente non troppo diversi nel comportamento e nelle caratteristiche, banalizza la loro presenza, smorzando di molto sia l'effetto sorpresa sia l'angoscia che deriva dal sentirli arrivare. In parole povere il gioco smette di fare "paura" molto presto.
Interessante la meccanica del suono che attira i nemici che in alcuni momenti è forzato, costringendoti a trovare riparo e riprogrammare il tuo schema mentale sul momento. In realtà ho apprezzato anche la presenza di qualche, seppur facile, enigma, anche se ad un certo punto si scade nel classico errore da avventura grafica "fai questa azione senza senso solamente perché è l'unica cosa che puoi fare" .
La seconda parte guidata e lineare è un po' più "banale" ma secondo me più efficace e di conseguenza anche più "divertente", insomma funziona meglio, anche se vanifica un sacco di cose introdotte nella prima. Ad esempio i checkpoint specchio che permettono di salvare e curarti, le decine di cassetti vuoti (perché metterli se dentro non c'è mai nulla?), i tantissimo oggetti per distrarre (che a ben vedere possono anche non essere mai usati per tutto il gioco), gli oggetti di difesa potenziatili (buona idea quella di costringere a scegliere tra durata e ed efficacia anche se la prima paga di più) ecc... nella seconda parte tutta questa roba svanisce nel nulla.
Alcuni appunti da fare anche sui controlli: gli hotspot alle volte sono davvero difficili da far comparire anche se siamo nella posizione giusta. Alcune azioni invece non mi pare vengano illustrate nel tutorial, tipo il fatto che gli oggetti si possano tirare, ma questa potrebbe essere stata una mia mancanza di attenzione (chiedo scusa in anticipo se è così). Anche le animazioni alle volte non sono proprio riuscitissime, tipo la camminata di default della protagonista che (lo devo confessare) in un primo momento mi ha suscitato un po' di ilarità.
Per quanto riguarda il lato della storia non ho molto da dire. Mi piacciono i misteri da risolvere quindi seguo con piacere, ma non mi sono sentito troppo preso dalla drammaticità del tutto. Forse avrei preferito una caratterizzazione un po' più approfondita almeno della protagonista, ad esempio sapere il perché è lì ed è così determinata ad andare infondo alla faccenda, non mi pare sia mai esplicitato in modo chiaro.
Nonostante la frustrazione delle fasi stealth e tutti questi difetti l'esperienza mi comunque piaciuta. Sono curioso di vedere cosa si potrà combinare nel gioco successivo.
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mercoledì 3 settembre 2014
Luftrausers - Semplicità e profondità
Luftrausers è il classico esempio di quel tipo di gamedesign
che si esprime per sintesi, tutto ha un equilibrio quasi millimetrico ed
estremamente calibrato. Un solo livello ciclico in orizzontale e delimitato in
verticale da due zone "mortali", nemici che appaiono secondo pattern
semi casuali in progressione di difficoltà e due tasti con cui gestire tutto
(sparo e accelerazione). Non c'è bisogno d'altro. Il controllo dell'aereo è
molto classico e immediato: destra e sinistra lo fanno ruotare, il tasto "su"
oppure il grilletto destro accelerano permettendo al velivolo di vincere la
forza gravitazionale della quale è sempre vittima (e con la quale bisogna
sempre fare i conti per ogni singola manovra).
La salute non è segnalata da un
hud ma è desumibile dai danni dell'aereo stesso espressi tramite delle fiamme, una sirena d'allarme e un preoccupante
occhio di bue che si stringe rapidamente su di noi. Tutti segnali ansiogeni che
permettono di capire lo stato in cui si è senza bisogno di ricorrere a barre o
a numeri ma sopratutto senza staccare gli occhi dall'azione che si sta seguendo.
Si può ripristinare la salute semplicemente smettendo di sparare, una scelta
geniale non solo per limitare l'abuso dell'autofire ma anche per rendere più
difficile l'accumulo di punti tramite combo (se continuo a sparare faccio combo
e incremento lo score ma mi tengo tutti i danni e rischio di morire subito).
Fuori
dall'area di gioco c'è un "hangar" dedito alla composizione del
velivolo che si vuole usare. Tale velivolo è composto da tre parti: Arma, corpo
e motore. Ognuna di essere è caratterizzata da una feature particolare.
All'inizio sono disponibili solo le parti standard ma con un paio di partite si
potranno già sbloccare componenti dotate di abilità particolari. Come il laser
che rallenta la rotazione mentre si spara ma aumenta la portata e la concertazione
di fuoco oppure il corpo che rende immuni dagli attacchi fisici dei nemici
(melee) ma riduce sensibilmente la quantità di salute o anche un motore dalla
spinta più potente ma di difficile controllo durante le manovre più complesse.
Le combinazioni possibili (quindi di fatto gli aerei che si possono comporre) sono
più di un centinaio, senza contare che ogni componente porta con se un certo
numero di "missioni" definite da obbiettivi precisi come: distruggi
una determinata nave in max combo, oppure abbatti un tot numero di aerei in una
sola partita. Questo sistema di personalizzazione aumenta in modo esponenziale
la quantità e i tipi di approccio che il giocatore può avere in Luftrausers
incrementando di riflesso sia la longevità sia la varietà di situazioni.
Infatti vi capiterà presto di studiare ogni composizione dell'aereo in funzione
delle missioni e degli obbiettivi che vorrete portare a termine: Devo riuscire
ad affondare più navi possibile usando lo sparo a ventaglio? Allora ci combino
il corpo che mi permette di sganciare bombe in automatico di modo da avere un aiuto
in caso di bisogno. Devo far fuori più nemici possibile senza aprire il fuoco
mentre equipaggio il corpo che mi rende immune dagli attacchi melee? Allora
imposto il motore che mi permette di andare sott'acqua senza danni così da
avere più mobilità.
La presentazione è stupefacente nel suo riflettere
asciuttezza del gameplay stesso. Di fatto il gioco si compone di semplici
silhouette stagliate su uno schermo sostanzialmente monocromatico in un'affascinante
scala in color kaki. In realtà sono sbloccabili ,tramite il punteggio, diverse
palette composte da abbinamenti improbabili se non proprio dannose per la
vista! Una scelta che ha quasi del masochistico compiuta forse per scoraggiare
sessioni troppo prolungate. Infatti, se proprio lo dobbiamo trovare un difetto
a Luftrausers, questo sta nel suo essere dannatamente "addictive"
ovvero di creare una dipendenza quasi pericolosa. Mai iniziare una sezione
mentre si è in bagno (nel caso di psvita e dispositivi portatili), si rischia
di rimanere sulla tazza a prendere freddo per diverse ore. Mai fare una partita
quando si hanno cinque minuti liberi, se no si rischia di mangiarsi il tempo da
dedicare alle faccende più importanti.
Di fatto il videogame dei Vlambeer concretizza
il classico paradosso videoludico dell'offrire una grossa profondità mettendo
sul piatto poco, consacrando così la vecchia filosofia dell'arcade anni 80,
nella quale l'immediatezza e lo studio profondo delle meccaniche di gioco bastavano
per garantire ore e ore di grande divertimento e passione.
martedì 3 settembre 2013
Yesterday AKA New York Crimes
Giocare ad un videogioco è ovviamente un’attività rilassante. Produrre e sviluppare un videogioco, di contro, costituisce un lavoro davvero arduo, soprattutto in tempi recenti. E’ facile notare che negli ultimi anni sia entrata in uso la modalità produttiva di realizzare avventure grafiche in forma episodica. Per quanto questo possa sembrare un vezzo oppure una moda, nei fatti è diventata una delle modalità più pratiche e soprattutto sicure per realizzare questo tipo di videogiochi. E’ facile per chi gioca solo, lamentarsi del fatto di non poter usufruire di un’avventura completa e dover spettare mesi per vedere la conclusione di una storia. Mentre per molti piccoli sviluppatori diventa più sicuro (in quanto ad investimenti) dividere la sua opera in tante piccole parti per rientrare più velocemente nei proibitivi costi di produzione. E chi invece tenta (per un motivo o per un altro) di fare giochi “completi” come usava un lustro fa? Beh rischiano di partorire cose come Yesterday, conosciuto in Italia come New York Chrimes!
Chiariamoci: I Pendulo studios sono un team ormai affermato nel settore delle punta e clicca. I loro giochi hanno riscosso sempre un enorme successo tra gli appassionati e, nel bene e nel male, hanno sempre portato avanti un proprio stile caratteristico ed una direzione artistica peculiare. Però è facile notare nelle loro ultime produzioni qualche piccola difficoltà nello sviluppare e produrre un’opera completa. Yesterday è un gioco dalle premesse molto interessanti ma che, nei fatti, fa i conti con una situazione produttiva non priva di problematiche. Parecchi sono i segnali rivelatori di un progetto partito “grande” ma poi ridimensionato in qualcosa di più modesto. Il sintomo più evidente è senz’altro quello della durata. Ma andiamo per gradi.
Trama, quello che funziona:
Buona idea. La trama di Yesterday è molto meno banale della media. I Pendulo tentano di fare il salto di qualità con temi un po’ più maturi. Yesterday racconta la storia di tre personaggi legati tra di loro da eventi violenti e da un rapporto morboso. Vengono introdotti temi abbastanza impegnativi come le malattie mentali, l’esoterismo connesso alle filosofie orientali, il tema della reincarnazione e alcune possibili riflessioni sulla morte e la vita. Le basi per tirare fuori una buona storia accattivante dalle tinte fosche c’erano tutte.
Trama, quello che non funziona:
Il modo con cui è narrata la storia. La cosa migliore di tutto il gioco rimane l’incipit. In esso, prendiamo il controllo di ben due personaggi diversi. Siamo protagonisti di una scena molto tesa, l’azione con un personaggio (Henry White) si interrompe per passare poi ad un secondo (Samuel Cooper) che deve aiutare il primo. Il meccanismo della suspance funziona, perché Henry viene catturato da due pazzi e questa azione viene interrotta sul più bello. Si passa al punto di vista di Cooper che, ignaro di tutto, deve soccorrere l’amico in pericolo. Il giocatore, rispetto al suo personaggio, conosce già l’ambiente, è già a conoscenza dei possibili pericoli, questo gli permette di provare una tensione maggiore nei confronti di quello che starà per succedere, proprio perché si aspetterà che qualcosa di brutto possa succedere anche a Cooper. Il meccanismo di suspance quindi è oliato a dovere. Come se non bastasse il tutto finisce non con uno ma ben due colpi di scena che lasciano spiazzati. La costruzione delle prime battute di gioco viene rovinata solo da alcuni enigmi un po’ fuori contesto, ma la trama è tesa come una corda di violino e tiene incollati allo schermo.
Finito questo, però, il gioco perde tutto il suo appeal. Nell’avventura vera e propria prendiamo i panni di un terzo personaggio, John Yesterday, che non ci viene introdotto in nessun modo: non uno straccio di flashback, non una spiegazione del chi è, perché è li, se non uno sparuto dialogo. La cosa grave è che questo individuo si rivela essere il protagonista principale per tutto il resto dell’avventura. Non può funzionare un’immedesimazione del giocatore se non gli si fa conoscere bene l’avatar che deve interpretare. Ci si sente buttati “dentro” un personaggio senza sapere niente di lui. Questo può andare bene in giochi come Monkey Island, dove il primo personaggio che vediamo è Guybrysh e il contesto non richiede particolari approfondimenti (ci basta sapere che è un ragazzo e vuole diventare un pirata). Di contro, nelle battute iniziali di Broken Sword, il giocatore scivola dentro i panni di George dolcemente, gli viene introdotto il suo modo di pensare, la sua voce, il motivo per il quale è li. Insomma in un gioco dal contesto narrativo complesso ha bisogno di caratterizzare bene i personaggi principali.
John arriva per terzo e non ha appeal, elementi che ce lo facciano “piacere” o che lo caratterizzino come accattivante. Ed è triste notare che così sarà per tutto lo svolgersi del gioco, malgrado i grossi colpi di scena che riguardano il suo passato. C’è da dire che andando avanti nel gioco si capisce che la storia di John Yesterday è ricca di misteri, ma questo non giustifica per niente la mancata caratterizzazione iniziale del protagonista che, mi rincresce a dirlo, rimane cruciale. Sarebbe bastata qualche inquadratura di John che si sveglia in un letto da ospedale, qualcosa che ci facesse capire che il punto di vista della storia sta cambiando. E invece ci vediamo catapultati nel corpo anonimo di un personaggio mai visto con una spiegazione posticcia attraverso un povero dialogo nell’ufficio di Henry.
Ma questo non è il solo salto narrativo con cui dobbiamo fare i conti. In tutto Yesterday si sente il perenne bisogno di avere più informazioni, più tempo par far macinare la storia. Invece tutto procede troppo celermente, tutto galoppa costantemente. Non abbiamo tempo neanche di approfondire il passato amoroso di John o di capire le connessioni con i vari personaggi che incontrerà. Si ha la sensazione che pure le ambientazioni vengano sfruttate poco. Ad esempio di Parigi non vediamo nulla se non un po’ di panorama, una anonima stanza d’albergo e un negozio di antiquario. In più abbiamo note stonate come un insistito flashback ambientato in Tibet che non ha nulla a che fare con la storia che stiamo vivendo, proprio perché manca una forte connessione narrativa. L’ambientazione di Yesterday è molto urbana e quindi l’esoticità del Tibet stride fortemente con l’atmosfera del gioco. Tutto questo avrebbe avuto un senso se ci fosse stato qualche raccordo in più che rendesse sensato il richiamo a queste sessioni. In effetti, a guardare bene, si nota un filo logico che connette il Tibet alla storia attuale, ma esso rimane troppo debole agli occhi del giocatore, perché non è sviluppato a dovere.
Non aiuta anche il fatto di premettere l’uso di tre personaggi dalle caratteristiche diverse (Henry intelligente, Cooper forte, John un’altra abilità che non posso dire) per poi far usare al giocatore solo uno dei tre per la stragrande maggioranza del gioco. Anche qui si nota che delle possibili sezioni con i due personaggi dell’inizio sono state tagliate dal prodotto finito. Insomma, il problema di Yesterday non è tanto che duri poco in se, ma che duri poco rispetto al progetto che c’era dietro. Un’avventura grafica può durare anche meno di dieci ore, ma se rimane coerente e la sua storia è pensata per essere corta allora non ci sono problemi. Basta vedere i giochi Ammanita come Machinarium. Yesterday è invece un gioco pensato per essere grande ma mutilato in qualcosa di più piccolo.
Grafica, quello che funziona:
Parlando dell’aspetto grafico i Pendulo hanno talento. Obbiettivamente non si può dire nulla a Yesterday da questo punto di vista, almeno per quanto riguarda gli sfondi che sono davvero di impatto e ben disegnati, come anche le animazioni dei singoli personaggi. Anche l’uso dei colori è sempre ben dosato e cosciente. Ottimo lavoro da questo punto di vista
Grafica, quello che non funziona:
Mi rendo conto che possa essere un parere soggettivo ma lo stile con cui sono disegnati i personaggi stride parecchio con l’atmosfera del gioco. I pendulo hanno la tendenza a disegnare personaggi dall’aspetto deformato un po’ in stile cartoon. Questo funziona in maniera ottima in Hollywood Monster 2, dove questo stile si sposa in maniera perfetta con il tono scanzonato e leggero del gioco. Qui invece abbiamo tinte molto fosche e tematiche davvero scottanti e mature, vedere il protagonista con la testa a imbuto o Cooper con la facciona uguale al simil-mostro di Frankenstein di Hollywood Monster rovina un po’ il pathos. Mi rendo conto che la volontà era quella di dare un taglio da “fumetto” un po’ come succede con il The Walking Dead, ma la serie Tell Tale mostra comunque uno stile misurato e maturo che non deforma troppo i visi e i corpi dei protagonisti.
Enigmi:
Obbiettivamente ci troviamo davanti alla classica avventura Pendulo con i suoi enigmi di stampo molto classico basati molto sulla raccolta e combinazione di oggetti. Altra caratteristica dei giochi Pendulo è quella di proporre una struttura molto rigida dove si deve rispettare un ordine insindacabile con cui effettuare le azioni. Nonostante questo non ho trovato troppi rompicapo fuori contesto o esageratamente stupidi. Tranne qualcuno dell’inizio, come il quiz sulle mosse degli scacchi, completamente fuori contesto oppure l’uso della tastiera musicale. Per il resto ci troviamo di fronte a quella che è la prassi per il genere, nessuna situazione particolarmente originale.
Conclusioni:
Yesterday è una grossa occasione mancata. Il soggetto era un scrigno di buone idee che però rimangono solo potenziali. Nulla mi toglie dalla testa che fosse in programma un gioco molto più lungo con molti più snodi narrativi, alcuni personaggi sono solo accennati, altri vengono introdotti in fretta e furia per poi essere congedati altrettanto velocemente. Manca poi una forte connessione tra i vari episodi narrati e un mancato sfruttamento di tutti e tre i protagonisti. Probabilmente, se i pendulo avessero avuto modo di spezzare Yesterday in una serie ad episodi forse sarebbero riusciti a sfornare un prodotto longevo duraturo e soprattutto dall’ottima atmosfera e da una trama non banale con tematiche poco sfruttate nell’ambito delle avventure punta e clicca.
sabato 1 dicembre 2012
Holy Motors (cronache torinesi 1)
Prima dell’altro giorno non conoscevo Leos Carax. A quanto
mi si dice, si tratta di un regista francese che esordisce negli anni ottanta
con il film “ Boy Meets Girl”. Sucessone a Cannes viene considerato un enfant
prodige e la nuova promessa promettente del cinema francese. Ovviamente (come
succede spesso in questi casi) la promessa viene un po’ meno. Arrivato al terzo
film infatti la sua carriera peggiora un po’.
Una ripresa la si vede con il film ad episodi, e (sempre a
quanto mi si dice) con l’ultima sua opera Holy Motors che ha raccolto diversi
consensi a Cannes.
A Torino Film Festival 30 ho visto tale suo film e enfant
prodige o non prodige (o non enfant) ho deciso che Carax entra nel mio pantheon
di registi preferiti, anche se tutti gli alti suoi film dovessero farmi schifo.
E’ molto difficile per me scrivere qualcosa su Holy Motors
senza raccontare nulla della trama e contemporaneamente non voglio raccontare
molto perché è un film che va scoperto in sala. Holy Motors è uno di quei film
che vanno interpretati ed è anche bello vederli in gruppo proprio per
confrontare le proprie interpretazioni a fine serata. Ma questo non deve
scoraggiare i più tenaci, perché la messa in scena è fantastica e il ritmo non
manca. C’è sempre voglia di sapere cosa succederà “poi”, anche se il quadro di
tutto non è mai chiaro e forse non lo sarà mai.
Vi basti sapere che è un film visionario, mette in scena
mille storie per raccontarne una, la bellezza del gesto, un cinema buio con
tutti gli spettatori ad occhi chiusi, la limousine infinita, gli occhi chiusi,
un cane gironzola, la bellezza del gesto, la bellezza del gesto…
mercoledì 14 novembre 2012
Celebrare i 50 di Bond in videogames 1: 007 Legends (PC)
Per ora sono solo questi tre ma aumenteranno! :D |
No so voi, ma nel 2010 ero GALVANIZZATO dall’uscita del
remake di Goldeneye per Nintendo Wii. Non solo perché Goldeneye originale sia
stato uno dei migliori FPS esclusivi per console di sempre, ma perché sembrava
un titolo molto interessante da giocare sul sistema Nintendo.
Me lo presi qualche mese dopo l’uscita e mi ci divertii
tanto, soprattutto in locale con gli amici. Il difetto principale era quello di
aver callofdutizzato un po’ il gioco, rendendo Bond più moderno e figo. Dato
che a me il Bond di Brosnam non mi è mai stato molto simpatico, l’idea mi
stuzzicava. E alla fine, il gioco nel suo complesso, funzionava bene
soprattutto rapportato a quella cornice che era il Nintendo wii. Goldeneye risultava
un FPS di pregevole fattura che svettava molto nella ludoteca della console
Nintendo, nonostante la sindrome da sparatutto scriptato e figo. Insomma, non
un capolavoro ma la alla fine, giudicato nel suo complesso “ci stava”.
Appena sentii la notizia di un nuovo gioco di Bond, una
nuova rivisitazione di diversi vecchi film della saga, in chiave moderna non
stetti più nella pelle. Un po’ perché a me piace molto Daniel Craig
(soprattutto nei panni di Bond), un po’ perché il Goldeneye su wii mi era piaciuto,
fatto sta che l’idea mi stuzzicava parecchio. I primi video mi esaltarono a
mille: Moonraker con tanto di Jaws e fucili laser? Goldfinger con assalto a
Fort Nox? Al servizio segreto di sua maesta, ovvero uno dei miei film di Bond
preferiti in assoluto??? Shut up and take my money!
Ci cascai come una pera cotta!
Era da anni che non cadevo in una trappola così ben
orchestrata, ma andiamo per gradi. Feci subito il preorder da Amazon, versione
pc per risparmiare e per avere l’online gratis (ancora non digerisco
l’abbonamneto gold dell’xbox e non provate a parlarmi di ps3 perché non ce
l’ho). Il mio primo risveglio dal torpore ipnotico dell’hype fu questo video
qui:
Sulle prime ho accusato il colpo pensando: “cavolo non ha
tutti i torti, pero è prevenuto dai, Daniel Craig a me piace! ok call of duty
style, sarebbe stato meglio contestualizzare ogni episodio nel periodo storico
giusto, troppa azione, mancanza dei gadget specifici per ogni episodio … ma
chissene, mi divertirò lo stesso” mi dissi.
Purtroppo il caro Yotuber (M. Bini) ci aveva visto giusto!
Mi è arrivato il gioco a casa la settimana scorsa.
Prima missione Goldfinger. Uhm ok, si inizia con il ritrovamento
della segretaria di Auric completamente dipinta d’oro. Craig ha lo smart phone,
abolita qualsiasi contestualizzazione del film originale, siamo negli anni
2000. Beh vabèh!
Dai, però i modelli sono fatti bene! |
Bond si intrufola nel quartiere di Goldfinger.
Coperture/spari. Finito ciò sezione di stealth fallita praticamente subito e
degenerata in un’altra sezione di coperture/spari. Inseguimento di Pussy Galore!
Bello il suo modello treddì! La incontri per la prima volta e…:
PG- Chi
sei?
JB- Bond,
James Bond. Sei dei cattivi?
PG- forse si, ma mi sto pentendo. Tu che fai?
JB- Vado ad intrufolarmi nell’ufficio di Godlfinger a
cercare prove con il mio telefonino super figo,
mi accompagni?
PG- Uhm… ok!
Niente approfondimento del personaggio, niente schermaglie
tra Bond e Pussy. Personaggi completamente monodimensionali. Ok stiamo parlando
di un FPS, ci sono altri 4 film da coprire e il gioco non può essere infinito,
ma cavolo, così ti distrugge completamente l’atmosfera bondistica della
pellicola originale!
Ok si va avanti. Bond entra nell’ufficio di Auric, scansione
con il telefonino per impronte, hackerizza un computer con un minigioco scemo
(sempre per mezzo del telefonino), apre una cassaforte con l’orologio, scopre
l’operazione Grande Slam arriva Goldfinger, tutti catturati e cutscene.
Dopo la famosa scena del laser scalda-testicoli, si passa a
Fort Nox. Ammanettati alla bomba con Oddjob? Macchè! Bond assale la base
assediata dai cattivi supportato dall’esercito americano… dove ho già visto una
scena del genere? Call of qualcosa? Insomma il feeling è quello, non c’è niente
da fare.
Mettetevi il cuore in pace, questa posizione la vedrete spesso! |
Arrivi alla bomba nucleare ed è il momento di affrontare
Oddjobb. Bello, un boss fight… completamente scriptato! Le palle iniziano a
cadere. Prendi a cazzotti il giapponesone muto premendo dei tasti al tempo
giusto, una cosa che neanche un bradipo monco saprebbe sbagliare (le finestre
temporali per spingere i pulsanti sono praticamente dei lucernari). Ogni tanto
arriva una bombetta volante e la si scansa premendo il tasto 1 del mouse al
momento giusto (comodo, visto che i tasti per la scazzottata di qualche secondo
prima erano il T e la U
della tastiera). Ti guardi il filmatino automatico di Oddjobb che frigge, Bond
disinnesca la bomba e tutti a casa. A no c’è la scena dove Bond sta per
limonare con Pussy ma viene interrotto da quel panzone di Godlfinger che si
affretta ad essere risucchiato dall’oblò dell’aereo (non sia mai che perdiamo
troppo tempo senza una scazzottata o una sparatoria).
Passiamo a “Al servizio segreto di sua Maestà”. Tra me
penso: “cavolo! Finalmente! Ora posso godermi la parte dove Bond arriva sotto
mentite spoglie all’albergo sulle alpi strapieno di gnocche!” No, ovviamente si
parte con l’inseguimento e sparatoria su sci. Che all’inizio sembra stupendo ma
poi si perde nel “meh” più assoluto. E poi: Assalto all’albergo di Blofeld con
coperture/spari, sezione stealth (che non centra un cavolo visto che cinque
minuti prima siamo entrati distruggendo e ammazzando tutti) la quale degenera
nel coperture/spari, curiosata col telefonino nell’ufficio di Blofeld.
Minigioco scemo dell’hackeraggio, cassaforte da aprire con l’orologio e poi
arriva il cattivone ad interrompere tutto. Insomma la FOTOCOPIA della missione
prima. Corsa finale dietro il pelatone il quale modello NON è ispirato a Terry
Salavas, ma a quello di Donald Pleasance, vallo a spiegare te che quello era in
un altro film! Boss fight contro Blofeld IDENTICO a quello contro OddJobb.
Manco si sono sprecati a cambiare l’ordine dei tasti, stessa sequenza da Laser
Game per disadattati, (che ogni tanto viene proposta anche contro scagnozzi
qualsiasi durante le missioni). Il livello finisce.
La tenerissima Diana Riggs fresca di matrimonio con... Daniel Craig????? |
Un po’scavolato passo alla prossima: “Vendetta Privata” (non
uno dei migliori film di bond ma ce ne voleva uno dell’era Dalton).
Coperture/spari, Stealth che degenera in coperture/spari, curiostata
nell’ufficio con hackerata e cassaforte, scazzotata a laser disc (sempre quella
ovviamente) con il più brutto modello di Benicio del Toro che possiate
immaginare ecc… Rincorsa in macchina dietro al camion di Sanchez, che è qual
cosina di nuovo ma i controlli sono così pessimi che ti fanno sentire la
mancanza del coperture/spari. Scazzotata con Sanchez che, indovinate un po’,
assomiglia alle altre venti che abbiamo fatto prima!
Benicio! Certo che sei ringiovanito male! |
Finita la scappatella in Sud America si va tra i ghiacci per
Die Another Day (gulp!). Albergo di ghiaccio, il modello di Halle Berry non c’è,
viene sostituito da un’altra tizia mai vista prima, vabbè non è male e poi la
tuta di pelle va sempre bene. Qui si parte con la curiosata nell’ufficio del
cattivo che indovinate come finisce? Con il cattivo che arriva e fa casino.
Scazzotata scriptata con Zao, coperture/spari, stealth che degenera in
coperture/spari. Inseguimento su ghiaccio con aston martin ancora peggiore di
quello del capitolo prima, scazzottata scriptata sull’aereo in compagnia di
quello sfigato di Graves con la sua armaturina elettrica ecc…
Non so chi tu sia, ma con quella tutina adosso mi sa che dovrai aspettare ancora un pò prima che ti liberi! |
Insomma avrete capito che lo sconforto giunti a sto punto è
grande. Per fortuna arriva l’ultima missione (che tra un po’ sarà la penultima
visto che uscirà il DLC gratuito di Skyfall a breve): Moonraker. Si tratta
sempre della solita roba ma almeno qui c’è la sessione nello spazio a gravità
zero con tanto di fucili laser. Finalmente qualcosa di diverso e anche
divertente vi dirò, ma dura troppo poco per valere la candela del gioco…
Non ho parlato del sistema di potenziamento di armi e di
attribuzione di perk, o dei gadget in più come la penna che spara dardi
soporiferi e amenità del genere. Ma sinceramente chissene frega di sta roba! Io
volevo Bond e non lo ho avuto. Voi direte ovviamente che sono stato un ingenuo,
che me la sono andata a cercare ma no cavolo! A me Goldeneye era piaciuto!
Perché? Cosa è andato storto?
Dai su Carey Lowell! Lascia stare il tuo fascino anni 80 e aiutami con sta porta, su!!! Manco mi hai fatto vedere le tette! |
Ma per fortuna che c’è il multiplayer a riparare tutto… o
no? No infatti non c’è!
Nel senso che c’è, è stato programmato, ed è stato pure
progettato per essere molto duraturo visto che il complicatissimo sistema di
avanzamento dell’esperienza atto a sbloccare mano a mano armi e perks. Insomma
il Call f Doty style sarà sempre Call f Duty ma almeno nell’online è
divertente. Il problema è che i server sono VUOTI. In realtà non si parla proprio
di server perché il sistema è quello consoloso dei giocatori che fanno gli
host, ma ciò non cambia il fatto che online non si trova praticamente nessuno!
E siamo a pochissimo tempo dall’uscita nei negozi!
Insomma mi hanno negato una delle poche cose che avrebbero
potuto tirarmi su il morale, cioè ammazzare gente online con la bombetta di
Oddjob, oppure con la Golden Gun
di Scaramanga oppure fare il figo con il modello treddì di Adolfo Cieli (nel
ruolo del mitico Emilio Largo).
Ricorda qualcosa vero? Come dite? L'immagine poco più sopra di Oddjob? naaah! |
Non so, forse su console le cose sono migliori ma non ho
voglia di spendere soldi per prendermi anche la versione Icsbocs!
Forse è tutto sbagliato, forse non bisogna più ricercare
Bond nel genere degli FPS ma provare un gioco di azione/avventura magari con
elementi stealth, magari con un gameplay che ricordasse un po’ anche la saga di
Hitman, con delle missioni in incognito, con travestimenti, dialoghi con belle
donne ecc…
Non so forse sono io che pretendo troppo ma questo Legends è
stata proprio una delusione su molti fronti. Per i 50 anni di Bond si poteva
fare molto di più!
Beh vorrà dire che mi consolerò con le tette mollicce di Pussy Galore! |
Beh ora mi è arrivato il Tie in di From Russia With love per
PS2. Mi tufferò nella passata era bondiana made in EA sperando di trovare un
po’ di conforto.
A presto per la seconda parte della celebrazione dei 50 anni
di bond!
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Ritorno
Hola
a todos!
E’
davvero tantissimo tempo che non scrivo qui, e probabilmente nessuno mi
leggerà, a meno che non faccia qualche altra opera di spamming violento da
qualche parte.
Mi
è tornata la voglia di scrivere qualche post sul mio vecchio blog, grazie ad
una mia amica che ha deciso di aprirne uno suo in merito ai libri che legge!
Eccolo
qua e buona lettura (di blog e di libri che fanno sempre bene):
Per
quanto mi riguarda le cose che vorrei scrivere sono tante, e francamente non so
neanche se avrò mai il tempo di farlo visto che devo scrivere anche altre cose
non che provare a mandare avanti il mio sgangherato canale youtube.
Potrei
iniziare qui con qualche breve cornaca videoludica casalinga. Ultimamente sono
riuscito a ripristinare un televisore e attacarci varie retroconsole che si
alternano a turni regolari.
Il
vecchio Mega Drive (che fu del mio cuginetto), il mio vetusto Master System 1,
uno SNES trovato alla fiera dell’usato due domeniche fà e una PS2 recuperata
mesi orsono e per la quale ho recuperato una pletora di titoli interessanti a
pochi euro.
Insomma
il videogiocatore risparmiatore che è in me si è dato da fare per recuperare
alcuni titoli sfuggiti dalla scorsa (che tra un po’ sarà scorsa scorsa)
generazione di consollle. Ovviamente c’è anche la volontà di ricelebrare
vecchie glorie (che ho mandato ormai a memoria) nel fascino completo del loro
sistema originale. A tale proposito mi sono comprato la cartuccia originale di
Donkey Kong Country 3, uno dei miei giochi preferiti di sempre, e in due
sessioni sono arrivato già al 40% raggiungendo il quindo mondo senza
tralasciare nessun segreto.
Probabilmente
dovrei provare a girare un walkthrought!
Ho
anche deciso di celebrare a modo mio l’anniversario dei 50 anni di 007
recuperando prima il nuovissimo 007 Legends (dalla torpissima Activision) e poi
fantastico e tardivo Tie-in: From Russia With Love, su PS2 (meno di dieci euro
su ebay).
A
presto un nuovo post.
Come
al solito non so fare i finali quindi ciao!
venerdì 9 dicembre 2011
Resident Evil Revelations: quanto è secsi il doppiaggio!
Resident Evil Revelations, oltre che copiare il titolo dall’ultimo Assasin’s Creed (che a sua volta lo ha copiato da qualcun altro) si rivelerà una svolta epocale! Per nuove meccaniche di gameplay? Per un nuovo spostamento della visuale? Per l’ennesimo cambio di ambientazione? No, niente di tutto questo! L’ultimo capitolo per 3DS della saga survival horror più famosa di tutti i tempi sarà epocale perché è il primo della sua famiglia ad avere anche l’audio localizzato oltre che i sottotoli. Davvero, questo è un cambiamento shock che non ci saremo mai aspettati.
Quindi, dopo averci deliziato con il primo trailer che mostrava una tipica ragazzetta emo da anime degli anni duemila foderata in pelle alle prese con lo sperma di liker, ora ci possiamo gustare questo splendido filmatino con l’esempio dei vari doppiaggi in varie lingue. Ma l’horror va sempre in coppia con l’erotico (dopotutto lo sperma di liker che ci stà a fare?), quindi anche per questo piccolo trailer vorremo dare un piccolo voto al sex appeal delle varie voci della nuova poliglottissima Jill.
English 3/5
Sempre un buon lavoro il doppiaggio inglese, voce abbastanza carica soprattutto nel “good” e nel “Chris” finale ma non troppo ispirata, Si può fare di più
French 4/5
Non so perché ma le doppiatrici francesi sembrano sempre un po’ orgasmanti quando fanno questi lavori. Soprattutto nel finale della prima sentenza e nell’appello a Chris! Non raggiunge i pieni voti solo a causa dell’inflessione un po’ troppo languida.
German 1/5
Non voglio avere pregiudizio con il tedesco, secondo me è una lingua molto più musicale di quanto i film di guerra con i crucchi nazisti/comunisti (cit.) ci hanno abituato. Però qui la tipa è davvero troppo atona e robotica. Cavolo dacci un po’ dentro! Sembra di appoggiarsi ad un pilone della seggiovia il 25 di dicembre in val gardena!
Italian 2/5
Si parla sempre dei pessimi lavori dei doppiaggi italiani, io voglio spezzare una lancia a favore di questa nobile arte che è il doppiaggio in Italia… ma non in questo caso. La nostra connazionale ci regala una performance abbastanza freddina, si risolleva un po’ nel finale con quel “dove sei chris” un po’ gutturale un po’ sussurrato, ma arriva troppo tardi.
Spanish 5/5
Lo so, i doppiaggi spagnoli sono i peggiori, non ce bisogno che lo dica, ma la voce femminile che parla spagnolo è sexy a prescindere!
sabato 11 dicembre 2010
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