giovedì 28 maggio 2020

(Ri-)Videogiocare con Lentezza #003 - Resident Evil 4


Mentre tutto il "mondo" aspetta la demo del remake di Resident Evil 3, io mi sono rigiocato (per l'ennesima volta ma dopo tanto tempo) Resident Evil 4 su Gamecube.

La versione originale sulla console (e controller) sul quale è stato concepito senza fronzoli aggiunte o altro.

E, non so, forse sarò vecchio io, ma l'ho trovata ancora un'esperienza galvanizzante. Pure la terza sezione (quella dell'isola) che per tanti anni io stesso ho sminuito, l'ho trovata comunque fresca e dal buon ritmo.

Ecco "ritmo", parolina magica che può voler dire tutto o niente ma è sicuramente la chiave di una buona esperienza di gioco come questa. Il gioco non cala mai di ritmo, ogni sessione offre una sfida "a se". Non siamo davanti ad un gioco nel suo complesso "vario" ma sicuramente "variegato".

Le situazioni sono sufficientemente diverse tra di loro in modo da dare quella giusta varietà in modo da non tediare mai il giocatore. In più c'è un'attenzione particolare all'atmosfera, che è sicuramente più densa nella prima parte per poi andandosi un po' a spegnere verso la fine.

Cosa che, di per se, non è poi così grave come pensavo all'epoca. Ci sta che dopo un ingresso così coinvolgente il gioco viri leggermente più sull'action lasciando un po' in secondo piano la tendenza creepy di alcune zone.

Non ho mai, e ripeto mai, capito le critiche al sistema di controllo. Logicamente, se ci si approccia a RE4 pensando di maneggiare uno TPS qualsiasi si può rimanere delusi, ma RE4 non è un TPS non lo è mai voluto essere. Il gioco è INTERAMENTE costruito attorno ai limiti di movimento di Leon. Se si potesse riassumere il gioco in poche parole si potrebbe dire: "trova la posizione più sicura alla bisogna, difenditi finché non capisci di non essere più al sicuro e cambia posizione". Una volta fatto proprio questo concetto, questa chiave, diventa chiaro che l'intenzione di Mikami era quella di spostare la componente ansiogena del genere verso questa componente action. L'angoscia non deriva dal mostro implacabile che ti salta fuori da dietro l'angolo, ma dal rischio di essere braccato e soverchiato da un'orda di nemici che possono attaccarti e raggiungerti da angoli che tu non puoi vedere.

Tutto è giocato sui tuoi punti ciechi, sui limite che il tuo sistema di controllo ha. Non puoi spostarti mentre spari perché se no saresti troppo in vantaggio rispetto ai nemici. Devi sentire l'ansia di non poter tenere tutta la situazione sotto controllo, sei in costante lotta per la sopravvivenza e ogni tua scelta può avere conseguenze nefaste se sbagliata ma hai poto tempo per prenderla.

Il tutto condito da un'immaginario sì esagerato ma mai troppo "sboccato" o iperbolico come poi succederà con i seguiti. Non mancano alcuni cliché un po' triti e sopra le righe che però contribuiscono a creare il "colore" che ha contraddistinto la serie.

RE4 credo sia un gioco più unico che raro, un'esperienza difficilmente replicabile ancora oggi!

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